Marco Righi
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Marco Righi: fare film, l’avventura più grande

Il regista reggiano ci racconta com’è nata la sua opera seconda “Il vento soffia dove vuole” girata in Appennino in uscita a febbraio

Dieci anni dopo “I giorni della vendemmia” il regista reggiano Marco Righi torna con un nuovo film: “Il vento soffia dove vuole” è stato selezionato per il concorso dell’importante Festival di Karlovy Vary in Repubblica Ceca e farà parte delle selezioni ufficiali di altre importanti kermesse europee come l’IFF di Salonicco (Grecia) e quello di Mannheim-Heidelberg (Germania). In vista dell’uscita di febbraio abbiamo parlato con Marco di questa nuova avventura.

Oggi come ieri, in pellicola o digitale, fare film rimane un’impresa difficile, degna d’ammirazione. Come ci si riesce? Quali sono le più grandi difficoltà?
Grazie. Ci si riesce convincendo un produttore a perdere tempo e spendere denaro (almeno nella fase iniziale) su un progetto. Tempo e denaro, in generale, sono tra le cose che i produttori non sono – giustamente – facili a concedere. La vera difficoltà rimane questa: perché dovrebbero farlo con il lungometraggio che gli stai proponendo? Bisogna trovare degli interlocutori affini all’idea e cercare delle modalità per persuaderli.

Qual è la fase che ti emoziona di più: scrittura, riprese, montaggio? E quella che ti ha creato le maggiori preoccupazioni?
La scrittura è la fase che mi emoziona di più; che però, al contempo, è forse anche quella che comporta maggiori preoccupazioni. In questa mia opera seconda, girata in sole tre settimane, ho avuto diversi patemi a ogni modo: meteo, covid, logistica. Nessuna fase è realmente esente da preoccupazioni. Occorre conviverci e provare a gestirle.

Il trailer di “Il vento soffia dove vuole”

Sembra una banalità, ma a un film lavorano tante persone. Come ti poni in relazione a questa dimensione collettiva? Che ricordi hai dell’esperienza fatta questa volta con la troupe?
Essere registi vuol dire essere un po’ psicologi. Ascoltare prima di tutto. Provare a mediare le richieste dei singoli reparti senza perdere determinazione su ciò che si vuole ottenere. Fiducia è una parola fondamentale su un set. L’ultima esperienza è stata gratificante proprio in virtù delle persone che mi hanno circondato e aiutato, professionisti che stimo. Parlo del cast e della crew.

La presentazione di “Il vento soffia dove vuole”, in concorso al Festival di Karlovy Vary in Repubblica Ceca

“Il vento soffia dove vuole” è stato girato in Appennino che è anche il luogo dove sei nato… al di là delle necessità legate alla produzione ci sembra una bella idea che la “macchina cinema” si faccia vedere (e sia accolta…) in luoghi che non è solito frequentare… Che ne pensi?
Assolutamente, concordo. Quando ho pensato a questa storia, fin dall’inizio, avevo in mente il nostro Appennino (che è meraviglioso) e sono contento di essere riuscito a girarla interamente sulle nostre colline. Siamo stati accolti molto bene e per questo voglio ancora ringraziare i Comuni montani e la disponibilità delle persone che vi abitano.

"Il vento soffia dove vuole" di Marco Righi
La locandina di “Il vento soffia dove vuole” (illustrazione di Enrico Pantani)

Il film parla di spiritualità, giovani, scelte estreme… è vero che questo compito non tocca al regista, ma ci proviamo lo stesso: come lo presenteresti a uno spettatore ideale che sta cercando di sostituire, per una sera, il divano di casa con la poltrona di una sala cinematografica?
Sono stanco di vedere opere di narrazione che tendono a esplicitare tutto. Escludono lo spettatore. “Il vento soffia dove vuole” necessita di una visione in sala, condivisa con altri, proprio per permettere a chi lo guarderà di aggiungervi qualcosa di suo, di personale, di intimo. Credo di più a un film che cerca di creare la divergenza tra le persone piuttosto che la convergenza. C’è chi lo difenderà e c’è chi vi si opporrà! Il cinema ha questo potere, non la tv.


Come avete fatto” è una rubrica pubblicata nella versione cartacea di TIPO magazine.